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lunedì 12 maggio 2014

I Gradi del Karate

La gerarchia dei gradi di cintura nelle arti del budo è detta kyudan e si suddivide nel sistema degli allievi (Kyū o mudansha) e in quello delle cinture nere (dan: yudansha e kodansha).

Nel budo si considera il kyu come un grado di scuola o di apprendimento e il dan come un grado di autoperfezionamento.
Prima dell'arrivo in Giappone del maestro Funakoshi non esistevano gradi nel karate, fu lui ad inserirli nel 1926, ispirato dal fondatore del Jūdō moderno, Jigoro Kano, che a sua volta si richiamò ad un uso proprio degli antichi sistemi marziali giapponesi.

A seconda degli stili del karate varia la suddivisione delle cinture.

Cinture colorate
All'inizio si indossa la cintura bianca: a volte è necessario sostenere un esame per ottenerla e a volte no, questo dipende dalle regole della palestra e/o federazione di appartenenza. Se si indossa la cintura bianca senza aver fatto l'esame, si è un mukyu, ovvero un senza-cintura.


6º kyu (roku kyu): cintura bianca; Shiro obi Rokukyu

5º kyu (go kyu): cintura gialla; Kiiro obi Gokyu
4º kyu (shi kyu): cintura arancio (o rossa); Daidaiiro obi (Aka obi)

Cintura verde 3º kyu Midori obi Sankyu


2º kyu (ni kyu): cintura blu; Aoiro obi Nikyu

1º kyu (sho kyu o ichi kyu): cintura marrone. Kuriiro obi Shokyu
(rarissimamente Ichikyu)
6º kyu (roku kyu)


Chiunque voglia apprendere le arti marziali comincia nel livello shu (della forma) che comprende l'intero sistema kyu. In esso rientra l'apprendimento basilare delle tecniche (omote) e il raggiungimento del livello psicofisico necessario per toccare i livelli superiori. Si tratta di costruire e rafforzare autodisciplina, volontà, pazienza, comprensione e convivenza con altri, elementi senza i quali non è possibile progredire. Durante questo primo periodo lo sviluppo della tecnica è l'unico criterio di misurazione utilizzabile.

Originariamente il mudansha era rappresentato dalla sola cintura bianca, simbolo della "non conoscenza, della purezza e della libertà della mente"; in seguito fu introdotta la suddivisione tra cintura bianca e cintura marrone, cui si aggiunse poi quella dei colori intermedi. Chi non è pronto per fare gli esami per la propria cintura successiva può scegliere o di non fare gli esami o di prendere una cintura intermedia che comporta un esame più facile, (non molti maestri offrono questa possibilità). Riguardo alla cintura blu non si usa tanto lo "shi kyu" ma questa è una scelta del maestro invece i "san kyu" "ni kyu" e l' "ichi kyu" sono obbligatori.

Omote significa "basilare, fondamentale" e simboleggia il lato visibile dell'arte marziale, quello che ognuno può apprendere: tutte le tecniche vengono scomposte e studiate ricercando la perfezione formale, priva di contenuti spirituali.

Yudansha - Il guerriero
Gradi di maestria tecnica

Livelli di "dan": cintura nera (la cintura nera va dal 1º al 10º dan)
Le classificazioni per i kyū variano da federazione a federazione, ed esistono, presso alcune scuole, ulteriori cinture intermedie (bianca, bianco-gialla, gialla, gialla-arancione, arancione, arancione-verde, verde, verde-blu, blu, blu-marrone, marrone, marrone-nera). Dopo la cintura marrone si passa a cintura nera che rimane tale al raggiungimento di gradi superiori (dan), dal 1º in poi, anche se è possibile trovare federazioni che utilizzano la cintura bianco-rossa per il 6°, 7°, 8° dan e rossa per i 9º e 10º dan. L'ideogramma dan si trova anche nella parola shodan, che significa "principiante", per dimostrare come l'aver impiegato alcuni anni per diventare cintura nera sia davvero poca cosa in confronto a tutti gli anni di allenamento che aspettano. Generalmente, le cinture si ottengono per esami fino al 5º dan, mentre dal 6º dan in poi, il grado viene assegnato solo per meriti speciali e non più in seguito ad esami, anche se il modo in cui vengono rilasciati i più alti gradi dan può variare da federazione a federazione. Per i gradi più elevati non viene valutata solamente la mera capacità tecnica raggiunta ma soprattutto le doti di esperienza, didattica, organizzazione, sviluppo e dedizione a quest'arte marziale.

Bisogna però sottolineare come il formalismo relativo al vestiario e alle cinture iniziò solamente con lo sviluppo di massa del karate e quindi con la sua commercializzazione, soprattutto in occidente. Alle origini, il karate era praticato con i vestiti quotidiani, spesso solamente con la biancheria intima e non esistevano le graduatorie per cinture. Da molti praticanti di karate tradizionale, la cintura è considerata un simbolo di un certo livello di conoscenza e di percorso ma non possiede certo un valore meramente di grado.

In origine la cintura era solo bianca. Con il passare del tempo, a furia di utilizzarla, essa si sporcava e di conseguenza si anneriva. Perciò più una cintura era nera, ovvero sporca, più significava che veniva indossata da molto tempo; ciò significava che uno con la cintura nera praticava il karate da molto e quindi era bravo, mentre uno con la cintura bianca era agli inizi. Da qui ha avuto origine la colorazione delle cinture bianca e nera e in seguito tutte le colorazioni intermedie in ordine cromatico.


1º dan: grado dell'allievo che cerca la via; Kuro obi Shodan (rarissimamente Ichidan)
2º dan: grado dell'allievo all'inizio della via (dopo almeno 2 anni dal 1º dan); Kuro obi Nidan
3º dan: grado degli allievi riconosciuti (dopo almeno 3 anni dal 2º dan); Kuro obi Sandan
4º dan: grado degli esperti tecnici (dopo almeno 4 anni dal 3º dan). Kuro obi Yodan
Il livello yudansha giunge sino al quarto dan e corrisponde al livello della "libertà della forma" (ha), il livello del guerriero. Il praticante può divenire un esperto di quella stessa tecnica utilizzata ai livelli kyu ma compresa nel suo significato reale.

Il 1º dan (shodan) nel karate consente di indossare la cintura nera ed è il primo passo dell'allievo lungo la Via (do): in questo momento comincia il vero karate. Lo studio si raffina e l'arte marziale viene valutata anche dal punto di vista psicofisico: l'allievo è in grado di capire che dietro l'esercizio fisico c'è la ricerca di uno stato mentale più appagante, così i gradi si evidenzieranno solo quando il praticante avrà superato il livello della dipendenza dalla forma.

Nel 2º dan (nidan) e nel 3º dan (sandan) si uniscono la comprensione dell'importanza dell'atteggiamento mentale e la maggiore efficacia delle tecniche.

Il 4º dan (yondan) è il "livello dell'esperto" e del combattente completo. Il confine della tecnica puramente corporea viene raggiunto e chi lo acquisisce sa che per poter migliorare dovrà cercare e percorrere nuove vie. Egli interiorizza gli aspetti spirituali dell'arte vivendoli nel dojo e nel quotidiano. A questo livello si forma il legame tra la filosofia dell'arte marziale e tecnica. Si possono controllare lo spirito, il respiro e l'energia (Ki) con l'esercizio fisico, legarli alla tecnica e svilupparli al massimo: nella ricerca della perfezione interiore l'esperienza e la maturità offriranno un fondamentale aiuto.

Kodansha - La maestria spirituale
Gradi di maestria spirituale

5º dan: - renshi kokoro, grado della conoscenza (dopo almeno 5 anni dal 4º dan); Kuro obi Godan
6º dan: - renshi (dopo almeno 6 anni dal 5º dan, si acquisisce per merito come i gradi successivi); Kuro obi Rokudan
7º dan: - khioshi (dopo almeno 7 anni dal 6º dan). Kuro obi Sichidan (oppure Nanadan)
I gradi kodansha sono propri del vero maestro di budo: solo essi permettono di condurre un allievo al di là degli aspetti puramente formali della tecnica preparandolo alle conoscenze della Via (do).

Kokoro è colui che raggiunge questa capacità tra il 5° e il 6º dan, ad una età minima di trent'anni perché tale stato presuppone oltre all'esperienza di budo anche quella di vita. Questi dan vengono chiamati anche renshi ed indicano la maturità spirituale di un uomo: sono perciò i gradi dei maestri autonomi.

Generalmente fino al 5° dan è possibile ottenere il grado per mezzo di un esame dopo aver studiato un programma prestabilito, oltre al 5° dan i gradi vengono conferiti solo per meriti conseguiti nell'insegnamento, per comprovata dedizione all'arte e per la diffusione del Karate e dei suoi valori (anche se il modo in cui vengono rilasciati i più alti gradi dan può variare da federazione a federazione).

Irokokoro - La maturità
Grado della maturità

8º dan: - khioshi (dopo almeno 8 anni dal 7º dan); Kuro obi Hachidan
9º dan: - hanshi (dopo almeno 9 anni dall'8º dan); Kuro obi Kudan
10º dan: - hanshi (dopo almeno 10 anni dal 9º dan). Kuro obi Judan
I gradi di maestria più elevati nel budo si chiamano irokokoro e sono espressioni della maturità, legati ai titoli khioshi (7º e 8º dan) e hanshi (9º e 10º dan).

Hanshi vive in totale armonia esteriore e interiore: ha superato ogni ostacolo interno (satori) abbandonando la dipendenza dal possesso e dal prestigio ed anche la paura della morte: sua missione sarà il trovare un degno successore.

Renshi e khioshi rappresentano la cima della piramide dell'insegnamento mentre hanshi ne resta al di fuori: il suo compito non è quello di insegnare a tutti ma di indirizzare i già esperti verso l'ultimo gradino. Egli apre le porte segrete a quanti siano cresciuti oltre la sola tecnica. Questi gradi sono i più elevati raggiungibili in vita e solo pochissimi uomini li hanno ottenuti.

Questi sono i tipici gradi dello stile Shotokan, altri stili (ryū), associazioni (kai), scuole (dojo), possono avere variazioni sia sui colori delle cinture, sia sui tempi che devono intercorrere tra i diversi gradi o livelli.

Curiosità
Il maestro Gichin Funakoshi asseriva spesso dire a chiunque chiedesse se si potesse raggiungere il 10º Dan: "Quando sarai morto ti verrà conferito il 10º Dan: il 10°Dan significa conoscenza assoluta, non avere più niente da imparare, e finché sei in vita c'è sempre da imparare


mercoledì 7 maggio 2014

Regole di comportamento nel dojo:

(Le regole del dojo dovrebbere essere regole universali da seguire in ogni momento della nostra vita e non solo all'interno dell'ora di pratica.)
Ricordate che il dojo è un luogo in cui ci si sforza di raggiungere un fine nobile e pertanto è degno del massimo rispetto Entrando e uscendo dal dojo, inchinarsi in direzione del Kamiza.

Quando si arriva in ritardo, e la lezione è già cominciata, aspettate che l’insegnante vi dica di entrare, quindi unirsi alla classe posizionandosi in fondo al gruppo.

Quando vi è domandato di muovervi verso un preciso punto del dojo, muovetevi sempre il più velocemente possibile.

Non praticate mai combattimento senza che sia presente il Maestro.

Quando praticate il combattimento contro un grado più alto, cercate di dare il meglio, mostrando rispetto per il suo grado. Se pensate di poter mettere maggior forza e impegno nel combattimento, fatelo, ma ricordate che il senpai ha ben chiaro nella sua testa il vostro grado più basso, e quindi non combatterà mai nel modo più duro.

Non interrompete il Maestro mentre sta spiegando o durante la lezione con domande inopportune. Pensate che se voi fate così, anche gli altri si sentiranno autorizzati a farlo e ciò porterebbe confusione e deconcetrazione.

Ricordarsi sempre che la cintura di grado più elevato ha la responsabilità di essere da giusto esempio alla cintura di livello inferiore.

Siate sempre consapevoli e disponibili, rispettate i compagni con grado più elevato ed accettatene i consigli senza obiezioni, aiutate chi è meno esperto con diligenza, umiltà e cordialità.

Se un vostro compagno fraintende un movimento e voi lo fate giusto non compiacetevi intimamente di questo: la pratica non deve essere vissuta egoisticamente.

Prima di incominciare la pratica di una tecnica, rivolgersi al compagno con un inchino. A fine pratica, sempre inchinandosi, ringraziare.

Non lasciate mai il vostro posto senza il permesso dell’insegnante. Mai camminare in mezzo ad una coppia che si sta esercitando, o di fronte all’insegnante mentre tiene la lezione.

Rivolgetevi all’insegnante chiamandolo, a seconda dei casi: Senpai, Maestro o Sensei. Non chiamate mai l’insegnante direttamente con il suo nome.

Il vostro gi deve essere pulito, dal momento che contiene, simbolicamente, lo sforzo della vostra pratica.

Ascoltate attentamente le indicazioni e gli insegnamenti del vostro Maestro. Proteggete le regole del dojo come un bene prezioso. Chi non le condivide, chi non le osserva, non deve restare nel dojo.

L’insegnante, chiunque esso sia, deve essere trattato con lo stesso rispetto che voi vi aspettereste dagli altri.
Il Budo comincia e finisce con la cortesia.

Se non potete trovare il modo di dimostrare rispetto ad una persona che vi dona il suo tempo insegnando, è meglio che non apparteniate a questo dojo.

Durante la pratica non sbadigliate, non parlate, non state appoggiati al muro o rimanete inattivi durante la lezione. Un vero budoka è sempre attento, ben educato e concentrato al massimo su quello che deve fare.

Per motivi di igiene e sicurezza, non indossate orecchini, collane, braccialetti o orologi durante l’allenamento. Siate sempre attenti ad avere il corpo e i piedi puliti. E’ buona regola lavarsi i piedi prima di entrare in palestra. Durante l’allenamento si lavora spesso a stretto contatto con gli altri. Nessuno ama allenarsi con chi è sporco. Ricordatevi inoltre che non è bene allenarsi con lo stomaco pieno, evitate di mangiare e bere prima della lezione.

La puntualità è categorica. La lezione inizia sempre rigorosamente negli orari indicati ed è pertanto necessario ritrovarsi nel dojo almeno mezz'ora prima ed entrare nella classe pronti per iniziare. Perdere tempo vestendosi a lezione iniziata non è rispettoso verso il maestro e i compagni.

Nel dojo sono ammesse soltanto persone concentrate che intendono praticare la Via nel rispetto di se stessi e degli altri, chi venisse con altre intenzioni dev'essere invitato a rifletterci prima.

Al termine della lezione lasciare il dojo in silenzio cercando di riflettere e meditare sulla lezione fatta.

E' essenziale conservare il medesimo comportamento anche negli spogliatoi parlando con un tono di voce moderato.

E' di norma fatto divieto di dimostrare tecniche all'esterno del dojo se non espressamente autorizzati dal proprio Maestro.
(道場訓, Dōjō Kun)


Dojo Kun (Dō = via, jō = luogo) letteralmente significa "luogo in cui si pratica la Via". I Dōjō Kun variano a seconda della scuola. Quelli sotto riportati si riferiscono allo Shotokan.

Hitotsu jinkaku kanseini tsutomuru koto - cerca di impegnarti costantemente

Hitotsu makoto no michi o mamoru koto - cerca di essere giusto e sincero

Hitotsu doryoku no seishin o yashinau koto - dobbiamo cercare di impegnarci con assidua costanza

Hitotsu reigi o omonzuru koto - dobbiamo cercare di agire nel rispetto e nella cortesia

Hitotsu kekki no yu o imashimuru koto - dobbiamo cercare di controllare i nostri istinti

Il karate è fondamentalmente rispetto reciproco, sul quale si basa e il Dōjō kun dovrebbe venire applicato anche al di fuori del Dōjō. Infatti un esempio di questo principio è che nel kumite, praticato da certe palestre, non si può toccare l'avversario, mentre prima di salire sul tatami bisogna fare il saluto al Maestro. I quattro lati del Dojo hanno particolari nomi: la Sede Superiore, ovvero dove sta il ritratto del Maestro fondatore dello stile che viene praticato è chiamato Jo-Za, mentre il lato dove stanno gli allievi, per fare il saluto, è chiamato Shimo-za, ovvero sede inferiore. Nel saluto gli allievi sono sistemati in ordine di cintura, iniziando dalle nere con grado maggiore fino ad arrivare alle bianche. Il lato verso gli allievi di grado più alto è chiamato Jo-seki, mentre invece quello verso le bianche, quindi verso coloro con meno esperienza è chiamato Shimo-seki.


Il karate è via per migliorare il carattere (Ricerca la perfezione del tuo carattere).

Questa prima regola sottolinea l'importanza dell'equilibrio nell'uomo. L'esercizio marziale non coinvolge esclusivamente il corpo: il praticante deve osservare con spirito critico in tutte le situazioni quotidiane che ostacolano il perfezionamento di sé stesso e deve affrontare le asperità interiori con lo stesso vigore con cui intraprende l'esercizio fisico che gli consente di affrontare le difficoltà esterne, lo spirito vigile e analitico deve guidarlo in tutte le situazioni della vita: confusione, pregiudizio, presunzione, egoismo, sopravvalutazione di se stessi, ingiustizia, autocommiserazione e sentimenti incontrollati ostacolano il progresso sulla Via. Imparare a gestire la propria interiorità, al contrario, aiuta a raggiungere l'equilibrio e a vivere un'esperienza enormemente appagante, se per altro l'allenamento fisico, con l'avanzare degli anni, conosce necessariamente delle limitazioni, lo spirito, invece, deve e può essere perfezionato fino alla morte.

Il karate è via di sincerità (Difendi le vie della verità).

Questa regola si esprime nella condotta di vita dell'uomo e nella disponibilità a riconoscere il giusto rapporto tra se stessi e ciò che si ha attorno, presupposto fondamentale per costruire giuste e rette relazioni con le altre persone. Un rapporto proficuo si instaura solo se l'individuo è capace di contemperare le proprie pretese personali con la dedizione e l'apertura verso gli altri, se questo equilibrio viene messo a repentaglio da un comportamento egoistico o superficiale, la comunicazione è soffocata; laddove si pretende più di quanto si dà o si avallano pretese superiori a quanto si è disposti a corrispondere o si promette molto e si mantiene poco, si suscita l'indignazione di quanti si trovano a dover compensare lo squilibrio insorto con un sacrificio superiore al giusto. L'equilibrio tra la pretesa e la disponibilità è il fondamento dello spirito del budo: solo nella verità l'uomo è libero, la pratica di questo principio rende consapevoli, umili e giusti.


Il karate è via per rafforzare la costanza dello spirito (Cura il tuo spirito di ambizione).

Questa regola si riferisce alla realizzazione dell'uomo in relazione ai suoi obiettivi di vita, essa è intimamente connessa ai primi due principi in quanto qualsiasi obiettivo richiede un'analisi approfondita e matura; il progresso, nel budo, può essere conseguito solo attraverso regolarità e costanza nell'esercizio. Le arti marziali possono essere apprese solo con l'autodisciplina, la costanza e la perseveranza, la disciplina è la base di ogni progresso. Se tale regola non viene rispettata dagli allievi, qualsiasi sforzo di miglioramento è vano. Si frequenta un dojo perché si ha uno scopo, ma bisogna assumere la giusta condotta, l'ambizione di nuovi obiettivi, in sé e per sé, non è una forza positiva, lo diventa solo se associata ad un comportamento maturo, al senso della misura e alla conoscenza.


Il karate è via di rispetto universale (Onora i principi dell'etichetta).

Questa regola si riferisce alle norme comportamentali che vanno conservate se si vuol capire gli altri ed essere accettati. La giusta condotta rende l'individuo degno di fede, aperto e semplice, rende possibile la comunicazione con gli altri e contribuisce a mantenere l'armonia nelle relazioni interpersonali. L'etichetta consiste nella forma comportamentale attraverso la quale una persona comunica ad un'altra di essere disponibile ad un contatto aperto; senza le buone maniere la franchezza si tramuta in grossolanità, il coraggio in rifiuto, l'umiltà in sottomissione, il rispetto in servilismo e la cautela in timore: l'etichetta provvede a mantenere la pace e l'armonia tra le persone. Nelle arti marziali l'etichetta trova espressione nei principi enunciati dal Maestro Funakoshi: Senza cortesia viene meno il valore del karate e il karate inizia e finisce con il saluto. Egli definì cortesia e rispetto le basi di ogni educazione ed il saluto il loro simbolo più importante. A livello avanzato tutti conoscono l'importanza del saluto; i praticanti che lo oltraggiano con la propria negligenza si dimostrano immodesti, egoisti e incapaci di adattamento: il modo in cui si effettua il saluto è specchio di sé, i modi sbagliati non sono sempre voluti, rappresentano solitamente una reazione naturale di protezione e timidezza, una maschera. Per questo nelle arti marziali l'etichetta non è solo forma, ma vera e propria via per la ricerca della verità interiore, poiché la pratica impone che la persona osservi e valuti correttamente il proprio comportamento nei confronti degli altri e di sé stesso.


Il karate è via per acquisire autocontrollo (Rinuncia alla violenza).

Questo principio coinvolge la condotta che porta alla formazione di un carattere degno dell'essere umano ed alla sua convivenza con gli altri. Nel mondo animale i modelli comportamentali sono istintivi e servono proprio alla conservazione della specie, l'uomo può forgiare tali modelli grazie al proprio intelletto ed alla propria conoscenza, controllando la misura delle proprie azioni. L'elaborazione di questo concetto porta alla rinuncia della violenza fisica ed allo stesso tempo definisce tutte le forme di ricorso alla violenza quali indegne dell'uomo. Nel budo, e in particolare nel karate, si ricercano l'autocontrollo e la gestione del comportamento; se i praticanti di livello avanzato, capaci di arrecare ferite gravi, impiegassero le proprie capacità come strumenti di supremazia nei confronti delle altre persone, costituirebbero un pericolo per la società e sarebbero sostanzialmente indegni come individui. Quando Funakoshi dice: nel karate non c'è chi attacca per primo intende dire che l'uomo in quanto essere dotato di intelletto ha la capacità di trovare le vie della non violenza se affronta le situazioni controllando il proprio io. Il karate è un'arte di autoperfezionamento e, per raggiungere questo obiettivo, è necessario comprendere a fondo tale principio. La soluzione violenta dei problemi interpersonali è esecrabile e non consente una convivenza serena. L'esperienza secolare mostra che, per eccellere nelle arti marziali, il dojo kun deve accompagnare la preparazione dei praticanti, indipendentemente dal livello, essi devono sottoporre il loro comportamento a regolari raffronti con il dojo kun, che è un parametro di apprendimento nel corso dell'allenamento ma anche uno specchio dell'atteggiamento del singolo in relazione alla comunità. Il dojo kun riflette la proporzione tra giusto e sbagliato nel comportamento personale, instaura l'equilibrio tra dare e avere ed impone il giusto rapporto tra pretesa e disponibilità.